latte e prodotti caseari: arriva l’etichetta di tracciabilità

Invernizzi_Robiolina

C'erano una volta in Italia le vaccherie o le stalle dei contadini che avevano solo qualche vacca che producevano latte ma servivano anche come bestie da lavoro. Il latte veniva normalmente conferito alle latterie dove veniva trasformato in prodotti caseari. La latteria poteva essere turnaria o sociale.

 Era un maniera economica e semplice di gestire il latte, adatta alla produzione casearia di piccola scala , con numerosi allevatori sparsi in ogni borgata. Infatti l’istituzione della latteria turnaria  ricalcava e formalizzava l’usanza antica di mettere insieme il latte di più famiglie e caseificare collettivamente, con lo stesso principio della panificazione che avveniva in ogni borgata. Nelle latterie turnarie il socio manteneva la proprietà del prodotto finale e lo commercializzava in proprio. La settimana era scandita attribuendo ciascuna giornata di lavorazione a un determinato socio in funzione della quantità di latte conferita. Coloro che portavano una quantità maggiore di latte avevano diritto a più turni (giornate),  stabilite in modo fisso sul calendario settimanale, gli altri le giornate di lavorazione rimanenti.

Le forme di formaggio, una volta asciugate, venivano ritirate dal socio che provvedeva a stagionarle presso la propria struttura e a commercializzarle.

Col passare del tempo e soprattutto con la possibilità di commercializzare il prodotto anche al di fuori della propria zona si è avviato il processo di trasformazione da latteria turnaria a latteria sociale: il socio, anziché ritirare il suo prodotto, riceveva un compenso in denaro commisurato al latte conferito o al prodotto lasciato al casaro per la commercializzazione.

Con lo sfruttamento su larga scala delle scoperte scientifiche – come, ad esempio, il processo di pastorizzazione – e le numerose applicazioni che ne derivarono, le possibilità di conservazione e la gamma degli impieghi del latte si estesero significativamente, facendone un’importante materia prima dell’industria (nella forma di polvere di latte, latte condensato, latte evaporato, sia per l’alimentazione degli adulti come per quella dei neonati) e incentivando la sua produzione anche al di fuori delle tradizionali aree di provenienza.

Nel settentrione nel primo cinquantennio del Novecento, quattro imprese medio-grandi si pongono alla testa del comparto lattiero-caseario occupando, nel 1950, quasi il 40% della manodopera industriale complessiva (in totale circa 10.000 dipendenti), in ordine di importanza: la Galbani (nata nel 1882 a Ballabio, in provincia di Lecco), la Locatelli-Lir (nata nel 1860 a Ballabio), la Polenghi Lombardo (nata nel 1870 a Codogno, in provincia di Lodi) e l’Invernizzi (nata nel 1908 nel bergamasco).Nel 1983 si stabiliscono a livello di Comunità europea i livelli massimi di produzione di latte e per l'Italia  venne fissato in 8.823 migliaia di tonnellate. Il contingentamento metteva in pericolo gli sbocchi sul mercato e la sopravvivenza stessa di piccole e medie imprese, e comportava un'importazione dall'estero di latte trattato e reso in polvere che non mantiene le stesse qualità nutrizionali e organolettiche di quello prodotto e consumato " a chilometri zero". Inoltre qualsiasi eccesso di produzione rispetto al tetto previsto dava luogo a sanzioni che all'Italia sono costate 4,5 miliardi di euro in multe che si vanno a sommare ai soldi spesi per comprare latte dall'estero…….        

Gli allevamenti italiani nel 1984 erano 180mila, oggi non arrivano a 36mila, e solo nell'ultimo anno hanno chiuso i battenti 1.500 allevamenti.

Ma qualcosa sta cambiando: recentemente abbiamo avuto finalmente e dopo undici anni dalle prime richieste il via libera all’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte e dei derivati come formaggi o yogurt.

Il decreto in particolare prevede tre diciture chiare in etichetta: il paese di mungitura, il paese di confezionamento; il paese di trasformazione. In ognuno dei casi andrà indicato il nome del Paese, ma se le 3 fasi avvengono nella stesso paese si potrà indicare in etichetta . In ogni caso sarà obbligatorio indicare espressamente il paese di mungitura del latte.

 Con l’etichettatura di origine  si dice finalmente basta all’inganno del falso Made in Italy che riguarda tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.

1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione.

Finalmente saremo più tutelati come consumatori e sarà più tutelato il prodotto italiano.


 

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