arnaldo1in questi giorni in cui vediamo sui media servizi sui trattori che sfilano sotto gli edifici della comunità europea e delle istituzioni nazionali vi ripropongo questo articolo scritto otto anni orsono.

 Quando ho pensato di fare questo blog mi sono proposto di dare al lettore un momento di letizia parlando di questi grandi denominatori comuni quali il territorio, la cucina tradizionale, il vino e quei prodotti delle nostre terre che da sempre sono i simboli del nostro modo di essere.

Anch'io qualche volta mangio un Hamburger dal Mac perchè no? Ho sempre considerato l'integralismo un ostacolo alla mia libertà di pensiero, ma se devo mangiare anzichè alimentarmi il discorso è diverso. Ancor  più diverso è il discorso se si mette in ballo il parametro salubrità di ciò che mangiamo. In particolare è piuttosto evidente che, parlando di agroalimentare e semplificando, esistono due grosse realtà produttive: un industria dell' alimentare e un artigianato del settore che produce seguendo parametri certamente più qualitatitivi che non quantitativi. La differenza non è solo quella che ci può essere, ad esempio, tra un mobile fatto da un artigiano e quello della grande ditta svedese, c'è molto altro.all.maiali-intensivo Se mangiamo carne di un animale allevato in batteria e di quello che ha avuto la fortuna di vivere in maniera più naturale, la differenza non è solo nelle qualità, ma implica una differente filosofia di produzione. Il pomodoro prodotto dal contadino locale nel suo appezzamento di dimensioni ridotte rispetto alle mega realtà delle multinazionali, magari con vecchie varietà e meglio ancora se con metodi biologici,  non potrà mai competere in costi con la produzione industriale.suino-nero-cinghiato-04  Peraltro è evidente che per sfamare una popolazione mondiale crescente è necessario che esistano realtà che possano fronteggiare questa esigenza, ma a che prezzo? Dove è il limite del produrre di più per le crescenti esigenze e quello di fare business? Quanto è giusto disboscare ettari di lussureggiante foresta per piantarci le palme da cui ricavare l'olio? Quanto è giusto sfruttare mano d'opera in qualche remoto angolo del mondo anzichè dare il giusto compenso a chi lavora la terra con fatica e dedizione?

  Questo non implica assolutamente che il prodotto industriale sia di scarsa qualità: a onore del vero molte realtà industriali alimentari italiane portano avanti sforzi considerevoli per portare avanti prodotti che siano economicamente accessibili ma di buona  qualità e in linea con le rigorose normative nazionali. Ma quelle degli altri paesi?

Qualche dubbio viene quando,  per ragioni politiche che non analizziamo perchè esulano dagli interessi di questo blog, vengono prese decisioni che vanno a incidere sul settore dell'agroalimentare nazionale tutti inclusi: dal produttore al consumatore finale. Qualche esempio?  Nel passato erano state fissate delle quote latte che comportavano una limitazione della produzione di latte nazionale con la scomparsa di tante realtà produttive locali. Di questi giorni abbiamo sentito della contrapposizione del grande gruppo transalpino che ha acquistato Parmalat,  che, da quello che riportano i giornali, vorrebbe imporre un prezzo d'acquisto di 25 centesimi/litro contro i 33 cent./l del costo di produzione per i produttori italiani, avendo cosi una buona scusa per acquistare il latte dove costa meno…….ma la qualità?

Per aiutare gli amici tunisini sono state eliminate dei dazi sulle loro merci,  questo ha fatto si che molti coltivatori di arance, in sicilia e non solo, siano in crisi non potendo competere con una produzione che costa all'origine molto meno se non altro per il costo della mano d'opera e della tassazione. Per le olive? Stesso discorso…..Ma in paesi diversi dall'Italia le normative che tutelano il consumatore sono le stesse?  Assolutamente no e questa è la ragione per cui ci sono cosi fondati dubbi sui trattati di interscambio con gli USA come il TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti). Il responsabile francese per il Commercio Estero Matthias Fekl, si schiera contro questo trattato perchè prescinde totalmente da quei meccanismi di salvaguardia che in Francia e in Italia fanno da garanzia del prodotto: le origini protette , le DOC, le DOP ecc. Sappiamo tutti che nel mondo circolano quantità di prodotti che si spacciano per italiani ma nulla hanno a che fare con la nostra nazione;  mettendo in etichetta un tricolore si millantano qualità che solo in Italia abbiamo perchè frutto di tradizione, amore  per il prodotto e non solo per il business e normative ben precise assolutamente ignorate altrove. 

Potremmo parlare a lungo di questi argomenti ma il mio scopo è solo di fare accendere qualche "lampadina" nel cervello perchè i nostri acquisti sono fondamentali per orientare il mercato. Se le coltivazioni Bio, i mercati contadini e realtà similari hanno visto in questi periodi di crisi aumenti consistenti la ragione sta nella richiesta crescente di chi pretende a ragione di potersi nutrire con ciò che richiede e non con ciò che la multinazionale di turno gli vuole imporre……. 

Arnaldo Manganelli arnamanga@gmail.com