La mozzarella è, come la pasta, un simbolo dell'Italia e alla stessa stregua molto imitata e spesso in maniera del tutto inadeguata se non fraudolenta. E’ di questi giorni la notizia apparsa su più media per la quale una mozzarella su quattro in Italia non è fatta con latte fresco…….
Nella tradizione la mozzarella è di latte di bufala, mentre quella di latte vaccino, il fior di latte, è una realizzazione successiva. Le origini storiche della mozzarella sembrerebbero risalire alla colonizzazione greca anche se, secondo altre fonti invece i saraceni avrebbero portato in Italia le bufale nella zona di Aversa.
Il dato certo è che, data l'alta deperibilità, la grande diffusione della mozzarella arriva con i primi mezzi di trasporto che ne permettono il consumo anche in regioni lontane da quelle di produzione.
Un po’ di storia : Le origini storiche della mozzarella sembrerebbero risalire alla colonizzazione greca anche se, secondo altre fonti invece i saraceni avrebbero portato in Italia le bufale nella zona di Aversa.
Le testimonianze storiche scritte più antiche a riguardo della produzione di mozzarella si hanno in un documento longobardo. l'incontro delle genti campane con il bufalo e con il suo prodotto principe (la mozzata), sarebbe avvenuta a seguito della battaglia del Garigliano nel 915 d.C.. I saraceni avrebbero portato con sé, dalla Sicilia dalla quale provenivano, alcuni esemplari di bufali. Dopo la battaglia i Longobardi avrebbero ricevuto come "bottino di guerra" i neri bovini che fino ad allora non conoscevano. La principessa Aloara di Capua ,consorte di Pandolfo Capodiferro, offrì ospitalità e asilo anche ai numerosi monaci che i saraceni avevano catturato e fatto loro schiavi nei tanti monasteri che avevano distrutto e depredato. I monaci avrebbero tramandato quanto appreso dai saraceni.
La mozzarella di bufala campana sarebbe quindi nata all'ombra della torre di Capodiferro, il caposaldo saraceno, e da questo bizzarro incrocio della storia, dallo scontro tra saraceni, longobardi e monaci benedettini.
Nei primi anni del Novecento oramai l'uso della mozzarella è così diffuso che, in Italia centrale, la si produce anche direttamente nelle latterie.
Nel 1996 alla mozzarella di bufala campana è stata conferita la denominazione di origine protetta e la imitazione vaccina ha ottenuto la certificazione specialità tradizionale garantita, che certifica, però, solo la metodologia della produzione ma né la provenienza delle materie prime, né la qualità delle stesse. La zona d.o.p. di produzione della mozzarella si estende alla Campania ma anche ad alcune zone del Lazio e della Puglia, dove esistevano tradizionalmente monasteri benedettini. E comunque la mozzarella "classica" non può che essere quella campana di bufala che ha un'ulteriore pregio gastronomico come ingrediente fondamentale della pizza margherita…..
Ma come si fa la mozzarella?
Il ciclo produttivo della mozzarella è quello tipico di tutti i formaggi a pasta filata.
Dunque il processo tradizionale più diffuso prevede che il latte intero pastorizzato venga portato ad una temperatura di 33-36°C e sottoposto a coagulazione ed acidificazione biologica per aggiunta di caglio e un innesto microbico a base di batteri lattici. Dopo questa fase il latte viene lasciato riposare per una mezz'oretta che è il tempo necessario a coagulare. Successivamente si esegue una prima rottura della cagliata tagliandola a cubetti, un periodo di riposo di circa 5-15 minuti, ed un secondo taglio a cubetti più piccoli (a nocciola). La massa rimanente viene separata per quanto possibile dal siero e lasciata maturare dapprima sotto il siero rimanente e poi su tavoli di drenaggio a temperatura controllata per 3-6 ore e comunque fino al raggiungimento di un pH intorno a 5 che risulta essenziale perchè la mozzarella sia filabile. Durante la maturazione, l'attività dei batteri lattici starter e di quelli naturalmente presenti nel latte crudo porta alla formazione di prodotti del metabolismo che oltre all'acidificazione della cagliata esaltano le caratteristiche organolettiche del prodotto.
Dopo 10-30 minuti di maturazione sotto siero (fino a pH 5,6-5,8), la pasta acidificata viene travasata su tavoli di drenaggio (temperatura ambiente 20-25°C) ed eventualmente tagliata in pezzi e rivoltata per favorirne la separazione dal siero mentre si completa la maturazione. Raggiunto il pH desiderato, la filatura vera e propria viene anticipata dal taglio in pezzi della pasta e dalla successiva immersione in acqua calda (80-85°C per la vaccina, 92-95°C per la bufalina), che infonde una temperatura al cuore della pasta pari a 58-62°C; con la pasta calda, la filatura e la formatura avvengono molto più facilmente. Prima di intraprendere la filatura della pasta, al di là del controllo di pH, è fondamentale effettuare una prova empirica di filatura; essa consiste nel frantumare finemente con le mani un pugno di cagliata e gettarla in acqua alla temperatura di circa 85°C; la cagliata va quindi fusa con un bastoncino di legno e stirata sino ad ottenere un filo continuo (qui entrano in gioco l'abilità e l'esperienza del casaro: indicativamente, la prova è positiva se 10 grammi di cagliata danno un filo lungo un metro). La filatura consiste essenzialmente nello stirare la pasta di cagliata, ammorbidita per immersione in acqua calda, finché si trasforma in una treccia di pasta setosa, lucida e morbida, ma soprattutto plastica e formabile, dalla quale si possono staccare dei pezzi tondeggianti che, una volta “mozzati”, cioè staccati per torsione dalla treccia, vengono plasmati nella forma desiderata e fatti consolidare raffreddandoli in acqua. Le mozzarelle, in particolare, vengono consolidate per immersione in acqua fredda corrente (che va mantenuta tale, ad 8-10°C) per 30-60 minuti, eventualmente poste in salamoia e confezionate con il liquido di governo .
Una mozzarella "tradizionale" in etichetta riporterà quindi soltanto quattro ingredienti: latte, fermenti lattici, caglio e sale. Sarà inoltre più povera di lattosio, in quanto lo stesso viene consumato dai microrganismi del latte crudo (o da quelli innestati) rispetto alla controparte industriale.
Produzione industriale della mozzarella (con acido critico)
Nella produzione industriale è più diffuso un tipo particolare di mozzarella ricavata per acidificazione per aggiunta di acido citrico e non biologica, quindi senza starter. Questo sistema accelera e soprattutto uniforma tempi di produzione limitando i costi. Di fatto con l'aggiunta di acido citrico al latte freddo (15°C) sotto agitazione fino a pH 5,6-5,8, la pasta uscita dalla coagulazione è quasi pronta per la filatura e dunque non sono necessarie le 3-6 ore di maturazione di cui parlavamo in precedenza. In sostanza, al latte freddo (8°-16°C) si aggiunge l'acido organico (citrico e/o lattico e/o gluconodeltalattone), si riscalda lentamente fino ad una temperatura di 33-35°C, si aggiunge il caglio (tipicamente di vitello, titolo 1:10.000 in dosi di c.a. 0,35-0,4 g/L) e si lascia riposare per 30 minuti. Segue la rottura della cagliata e, dopo averle lasciato qualche minuto di tempo per depositarsi ed acidificare, non appena comincia a legare si estrae lasciandola spurgare dal siero in eccesso per qualche minuto prima di passare direttamente alla filatura, che avviene ad un pH leggermente superiore rispetto al procedimento artigianale (5,6 – 5,8).Da notare come al posto dell'acido citrico si possa ricorrere al succo di limone che però permane come retrogusto nella mozzarella.
La mozzarella industriale si riconosce dall'etichetta perché presenta nell'elenco degli ingredienti un “correttore di acidità", che come abbiamo visto può essere: acido citrico e/o acido lattico e/o acido gluconodeltalattone. Si presenta più ricca di lattosio, quindi più dolce ma meno digeribile, presenta un aroma meno intenso, una consistenza meno morbida e si conserva più a lungo. La qualità è dunque inferiore anche se gli acidi utilizzati, come quello citrico, sono comunque "naturali", essendo abbondantemente presenti in natura (ad esempio nei limoni e delle arance).
La mozzarella senza latte fresco. La mozzarella senza latte fresco,ahimè, esiste. Basta sciogliere in acqua calda la cagliata conservata (prodotta altrove 1-2 mesi prima o addirittura anni prima, se congelata), aggiungere sale, filare l’impasto e infine raffreddare e confezionare. Il sistema è molto rapido, non serve avere serbatoi refrigerati per il latte (liquido) e i costi di produzione oscillano da 2,5 a 3,5 €/kg, che raddoppiano nel listino al dettaglio. Il sapore è decisamente povero, il prodotto non ha il sapore tipico di fresco, il colore può tendere maggiormente al giallo (anche se questo non è di per sé un aspetto negativo), la struttura è meno “succosa” e, se si usa cagliata conservata da molto tempo, il prodotto “sa di formaggio” e non di latte fresco.
Sull’etichetta dovrebbero essere indicati i seguenti ingredienti: cagliata, acqua, sale, seguiti dagli additivi: acido citrico, lattico e, a volte, sorbato di potassio. Tuttavia, poiché la legge non obbliga a riportare il termine “cagliata”, raramente viene dichiarato in etichetta
- Dunque che dirvi? Io, per cominciare, mi riferisco a quanto viene riportato nell'etichetta che già mi dà indicazioni essenziali sulla tipologia del prodotto.
- La provenienza è importante ed è un parametro che mi dice se è veramente una mozzarella di bufala o una bufala di mozzarella, per quanto mi risulta non siamo secondi a nessun un altro paese al mondo per i controlli sull'agroalimentare.
- Anche l'aspetto esteriore è rilevante:deve essere bianca e lucida, senza spellature o fessurazioni.
- Non la dobbiamo mettere in frigo perchè a bassa temperatura il grasso si raggruma e il gusto decade significativamente. Quindi conserviamola a una temperatura non inferiore ai 12°C a bagnomaria e ,se proprio ne avanza un pò e la mettiamo in frigo, diamogli un bel pò di tempo per riprendere la temperatura ambiente.
Un ringraziamento al caseificio Noviello di Altamura che ci ha permesso di documentare le fasi di lavorazione.