Pasta con lo scorfano e i gamberetti rossi di Gallipoli
Dal nostro corrispondente da Otranto ecco una ricettina di quelle che ti fanno sentire il mare in ogni singolo boccone, di quelle che ti fanno venire l'acquolina in bocca solo a parlarne…Insomma, More »
Tartare di Lampuga e melone bianco
Parliamo della Lampuga, un pesce meraviglioso dalle molteplici qualità che val la pena di riscoprire. E' uno di quei pesci meno noti rispetto ai più famosi orata, spigola, tonno, salmone e con una More »
Roastbeef di tonno agli aromi mediterranei: il roastonno
Nelle mie peregrinazioni ogni volta che mi è capitato di andare in villaggi o cittadine di pescatori non ho mai resistito al fascino del mercato del pesce. Quei banconi pieni di pescato More »
impepata di cozze
Le cozze sono un prodotto del mare che è a buon mercato e si offre a molteplici interpretazioni. Se andate a Bruxelles, che certo non è una località di mare, sono famosi More »
riso al nero di seppia e cozze
Le seppie, ripiene, grigliate o in umido con piselli o carciofi, accompagnate da agrumi o speziate sono un ingrediente che, se preparato con cura, non ha nulla da invidiare a parenti più More »
Talamone,Toscana: Totani ripieni
I totani ripieni sono un secondo di mare molto diffuso nelle nostre regioni dove le versioni del piatto sono tantissime. La ricetta che vi proponiamo ci è stata suggerita da un amico di Talamone, delizioso paesino frazione di Orbetello. Di origini etrusche, poi romana, nel medioevo degli Aldobrandeschi, che vi costruirono la rocca, per poi passare nelle mani dei Senesi. La malaria e le condizioni insalubri della maremma comportarono un lungo periodo di abbandono e degrado.
Dopo il 1646, in seguito all'occupazione francese, si verificò anche un grande spopolamento delle campagne. Nel corso del XVIII secolo iniziò una lenta ripresa: la località fu tappa della spedizione in Egitto dell'ammiraglio Nelson, che partì nel 1798 da Tolone per Napoli. sostando, come scrisse Napoleone nelle sue Memoires a «la rade de Tagliamon sur les côtes de Toscane»,
Per la storia nazionale il nome della città è sicuramente legato all'impresa dei Mille, agli ordini di Giuseppe Garibaldi, che qui fecero tappa nel 1860 per rifornirsi di armi ed acqua.
Torniamo alla nostra ricetta che è molto semplice, certamente un eredità della cucina umile dei pescatori, ma comunque vi fornirà un piatto delizioso di sicuro effetto.
Il totano è generalmente una specie pelagica che vive al largo alla profondità tra i 100 e i 600 metri. Si sposta in banchi di numerosi individui risalendo durante la notte in superficie e tornando nelle profondità marine nelle ore diurne. Si ciba di pesci e crostacei e lo troviamo nei banconi del pescivendolo dalla fine dell'estate al pieno inverno.
Il nocino
"Unguento unguento, mandame alla noce di Benvento
supra acqua et supra vento et supre ad omne maltempo…".
Molte Streghe (donne accusate di stregoneria) avrebbero riferito durante i processi queste parole magiche da formulare sotto un albero di noce la notte di San Giovanni.
Fin dall'antichità si attribuiscono all'albero di noce proprietà benefiche ma anche letali. Plinio, nella sua Naturalis historia, raccomanda di non sdraiarsi all'ombra dell'albero perché potrebbe comportare conseguenze mortali, attribuendo all'albero proprietà magiche e soprannaturali.
In Grecia, l'albero era protetto dalla dea Artemide che era si la dea della natura, ma anche la dea lunare, protettrice dei boschi e che sarebbe stata, secondo il mito, trasformata in un noce da Dioniso. I romani inglobarono per intero la mitologia greca e misero il noce sotto la protezione della dea Diana. Il collegamento con una divinità magica che si favoleggiava agisse nella notte per favorire lo scorrere della linfa vitale nelle piante, infondendo in esse la vita, fece sì che il noce venisse avvolto in questo alone misterioso e mistico. Le janare erano le Dianare, appunto le seguaci di Diana, coloro che celebravano i riti legati alla fertilità ed alla madre terra, in poche parole, erano le streghe. E cosi arriviamo ai rituali contadini che vedono la donna più esperta nella preparazione salire a piedi scalzi sull'albero per raccogliere a mani nude le noci migliori. Con le mani nude perchè non si potevano usare utensili di ferro in quanto si credeva che avrebbero compromesso le proprietà officinali della pianta. Le noci venivano lasciate alla rugiada notturna per l'intera nottata e si mettevano il giorno dopo in infusione. Solo con la notte di Ognissanti, il 31 Ottobre, la preparazione aveva termine.
Giugno
Dice il proverbio contadino «Giugno la falce in pugno», per la natura segna un periodo di grande prosperità: dalla mietitura del grano ai molti prodotti dell’orto e alle molte varietà di frutta che raggiungono il giusto grado di maturazione.
Verona,Veneto:I grandi vini della Valpolicella 2^ parte
I grandi vini della Valpolicella
Seconda parte
Il Recioto DOCG è il vino storico per antonomasia della Valpolicella, erede del romano Retico e del longobardo Acinatico . L’origine del suo nome non è molto definita in quanto potrebbe discendere dall’espressione “recie” ovvero orecchie con cui nel dialetto locale si indicano le parti più laterali e zuccherine dei grappoli.
Verona,Veneto,I grandi vini della valpolicella : un pò di storia e qualche curiosità
I grandi vini della valpolicella prima parte
Pensando alla splendida Verona e a quella meravigliosa zona in cui è situata, il pensiero vola a Giulietta e Romeo, il loro balconcino ma anche quella cucina opulenta per cui i banchetti degli Scaligeri erano noti in tutta Europa. Ma naturalmente un buon cibo deve essere accompagnato da un degno vino ed ecco apparire nelle nobili tavole il più nobile : l’Amarone
Sciacchetrà
Pecorino
C'era una volta …..il Pecorino e non vi vogliamo parlare del conosciutissimo formaggio ma di un vino che solo la caparbietà di alcuni personaggi innamorati del vino e delle loro terre ha salvato dall'estinzione e portato a essere considerato uno dei grandi vini bianchi italiani. Plinio il vecchio parla dei vini del Piceno come di prodotto di eccellenza che veniva portato e apprezzato sino nelle lontane Gallie. Non sappiamo a quale vino marchigiano si riferisse ne certamente la tipologia di coltivazione e di vinificazione. Saltando alcuni secoli, le fonti successive ci riportano all'ottocento quando prevaleva nelle Marche l'arativo vitato, dei terreni lavorati favorendo le colture orticole con piccole vigne, vale a dire degli appezzamenti tipicamente con degli olmi che li delimitavano e le viti che correvano tra essi. Questa particolare architettura degli appezzamenti era tipica dell'agricoltura di sussistenza che si praticava e in cui gli olmi avevano il compito di ospitare la fauna selvatica, essere usati per far ceste e con le loro foglie contribuire ai pasti dei bovini. A questa regola generale facevano eccezione solo delle vigne specializzate nella zona di Arquata del Tronto, un piccolo borgo montano posto alle pendici del Monte Vettore che conservava questo vitigno miracolosamente sopravvissuto alla filossera, quella specie di "peste delle vigne" che veniva dal nord america e distrusse gran parte dei vigneti europei ma non "lu Pecuri' " come viene chiamato in dialetto, che quindi ha mantenuto intatta la sua identità nei secoli.
Murge-Altamura
Continuando la gita nelle Murge tra campi di grano e gravine, ci siamo lasciati alle spalle la splendida Matera per la medioevale Altamura dove ci attendevano le giornate Federiciane. Nello stemma di Altamura si riporta il motto : Federicus me reparavit significando la riconoscenza della città a chi la ricostrui’ dalla devastazione . E, allora, grande festa
Lucania,Matera:pane di Matera
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Murge Matera
Ci sono poche zone di questa nostra bellissima Italia in cui la primavera ci presenta gli “effetti speciali” come nelle Murge. Quando vado da quelle parti preferisco sempre uscire dall’autostrada a Candela per infilarmi in quel susseguirsi di campi di grano e piante selvatiche che costeggiano le strade interne, tra vaste distese e masserie abbandonate. Trovo meraviglioso vedere le onde che il grano nuovo fa sotto l’azione del vento, quel movimento quasi sinuoso delle giovani piantine dal verde primaverile .
Non si può non rimanere affascinati da Matera : la sua posizione prima di tutto, poi quel coesistere della città rupestre con testimonianze bizantine e normanne, non è certo un caso che l’UNESCO abbia dichiarato i sassi di Matera patrimonio dell’umanità. Ma forse più che da questi aspetti , personalmente, sono attratto da quella umanità che tra i sassi viveva la propria miseranda vita di stenti e tanti bambini da sfamare.